Il “percorso” è riconoscibile dal colore azzurro che valorizza la parte più caratteristica della struttura urbanistica della città: i vicoli. Questi “itinerari secondari” della città sono camminamenti di un invitante “labirinto” di angoli suggestivi, di luoghi della memoria, di spazi densi di emozioni che hanno rappresentato e rappresentano ancora oggi punti di incontro e di vita.
La conformazione urbanistica di Città della Pieve risale alla prima metà del sec. XIII quando l’antica Castel della Pieve, già sottomessa da Perugia fin dal 1188, si afferma come libero Comune. La maglia urbana presenta soluzioni tipiche della prima civiltà comunale: le strade larghe e in curva evidenziano la presenza della classe dei cavalieri che andavano alla guerra con il cavallo; le strade a ridosso, più strette e ad andamento frammentato, indicano invece la classe dei pedoni, contadini inurbati, che usavano l’arco e la balestra. Così nello scontro tra le due classi, i cavalieri potevano sfuggire al tiro dei pedoni tramite la curvatura delle strade; invece i pedoni si difendevano tramite la struttura dei vicoli impenetrabili al cavallo.
Deve il suo nome al prospiciente Palazzo Orca, sede fino all’Unità d’Italia delle Scuole Pie, tenute dai Padri Scolopi.
La denominazione deriva dalle botteghe di artigiani costruttori di botti.
Nottola è un particolare legno utilizzato nella costruzione di botti.
Deriva da “Burgus ianuae”, cioè borgo della porta, in riferimento all’antica porta che esisteva alla fine di Via Manni sull’odierna Via Roma.
È l’antica Via del Vecciano, da “vetus ianua” ovvero vecchia porta dell’originario centro urbano, situata alla fine di Via Manni.
Anticamente era denominata Via Lombardia. Qui abitavano maestranze lombarde dedite alla lavorazione del laterizio.
Ma con tutta probabilità la denominazione di Lombardia fa riferimento all’antico “castrum” longobardo, primo nucleo della città realizzato intorno al sec. VII d.c.
La strada è dedicata ad Antonio Verri (1839/1925) geologo e ingegnere idraulico.
Era l’antica Piazza del Forno.
La denominazione si deve da Plebiscito di annessione di Città della Pieve allo Stato Unitario.
Era l’antica "Platea Pubblica".
Deve il suo nome alla presenza di una comunità di mercanti fiorentini che si erano insediati nei pressi dell’odierna Piazza di Spagna, l’antica Piazza della Mercanzia.
Era la Piazza della Mercanzia, in origine molto più grande dell’attuale e collegata alla Piazza Pubblica, oggi Piazza Plebiscito.
L’odierna denominazione si riferisce a 19 giugno 1944 giorno della Liberazione di Città della Pieve durante la Seconda Guerra Mondiale.
Era l’antica piazza dove si svolgeva il mercato dei buoi e pertanto denominata Piazza dei Buoi.
Qui avevano sede botteghe e fornaci artigiane dei cocciari, ossia fabbricanti di vasi.
Deve il suo nome al “profiello” ovvero ballatoio esterno, che le case prospicienti lo scosceso versante dovevano avere in passato.
La denominazione fa riferimento a Francesco Melosio (1609/1670), poeta e scrittore pievese, famoso per le sue liriche burlesche e per le sue tragedie, animatore del circolo culturale di Cristina di Svezia a Roma.
Era denominata popolarmente Via delle Pupe, forse allusivo alla presenza di case di piacere.
Qui si aprivano numerose botteghe di fabbri e calderai.
L’antico bassorilievo in pietra affisso sul muro di una casa per chi proviene da Via del Barbacane, riportante una paio di forbici, fa supporre che qui si aprivano le botteghe dei sarti.
Deve il suo nome al rincalzo difensivo delle mura medioevali prospicienti. Era chiamata anche Via del Funaro, per la presenza di botteghe di funai.
È ritenuta una delle vie più strette d’Italia, sorta probabilmente per separare dei confinanti in lite tra loro. La denominazione è ovviamente da mettere in riferimento all’arguta fantasia popolare. Percorso il vicolo, splendida veduta sulla Chiana Romana e il Monte Cetona.
La via deve il suo nome alla presenza di basse costruzioni. Qui in passato esistevano numerosi mulini.
Piaggia significa declivio affacciato verso la valle.